Scadenza cibi, occhio se c’è la dicitura “da consumarsi preferibilmente entro…”. C’è una cosa che in molti sbagliano

La data scadenza degli alimenti è un elemento fondamentale da tenere sempre sott’occhio, sin dal momento dell’acquisto quando inseriamo i prodotti nel carrello che successivamente quando restano nel frigorifero o nelle dispense. È una forma di tutela silenziosa che accompagna ogni acquisto e che parla direttamente di sicurezza alimentare, qualità e responsabilità. Ignorarla o interpretarla nel modo sbagliato può esporre a rischi che vanno dal semplice disagio gastrointestinale fino a conseguenze più serie, soprattutto per bambini, anziani e persone fragili.
Andare oltre le indicazioni riportate sull’etichetta, infatti, non è mai un gesto neutro. In alcuni casi si tratta di un margine di tolleranza accettabile, in altri di un vero e proprio azzardo. Il punto è che non tutte le date hanno lo stesso significato, e confondere una dicitura con l’altra è uno degli errori più comuni in cucina. Ed è qui che forse sarebbe il caso di chiarire quella frase apparentemente innocua: “da consumarsi preferibilmente entro…”. che molti uniformano con “scade il…”.
“Da consumarsi preferibilmente entro”, occhio al fraintendimento

A prima vista sembrano indicazioni simili, ma in realtà raccontano due storie molto diverse. Quando sull’etichetta compare la dicitura “scade il”, ci troviamo davanti a una data di scadenza vera e propria. Superarla significa che il prodotto potrebbe non essere più sicuro dal punto di vista microbiologico. È il caso di alimenti freschi o molto deperibili come carne, pesce, latte fresco o formaggi molli. Qui il consiglio è semplice: non si rischia, si butta.
La scritta “da consumarsi preferibilmente entro”, invece, indica il cosiddetto termine minimo di conservazione (TMC). In questo caso il produttore garantisce che fino a quella data il prodotto mantiene intatte le sue caratteristiche di gusto, aroma e consistenza. Superato il termine, l’alimento non diventa automaticamente pericoloso, ma potrebbe perdere qualità.
Scadenza cibi: cosa accade davvero dopo il “preferibilmente entro”
Cosa accade a quel punto? Un biscotto può risultare meno friabile, una pasta secca leggermente più opaca, un cioccolato con una patina biancastra dovuta alla separazione dei grassi. Fenomeni poco invitanti, certo, ma non necessariamente dannosi per la salute. È per questo che molti prodotti a lunga conservazione – come riso, legumi secchi, conserve, cereali – possono essere consumati anche dopo la data indicata, se correttamente conservati e se l’imballaggio è integro.
Qui entra in gioco l’esperienza personale: l’odore, l’aspetto e il sapore sono spesso i primi indicatori affidabili. Se qualcosa “non convince”, meglio fermarsi. Non è una scienza esatta, ma una forma di buon senso che si affina nel tempo, anche osservando come reagiscono gli alimenti una volta aperti o cucinati. Un colore alterato, una consistenza insolita, una confezione gonfia o un profumo acido dove non dovrebbe esserci sono segnali che il corpo riconosce prima ancora della mente. Ed è meglio fermarsi lì a quel punto.





